Camera - Edmondo Dobrzansky

 

La camera Edmondo Dobrzansky, fiore all’occhiello della nostra struttura, è una Junior Suite. Situata al primo piano, di grandi dimensioni con tetto in travidi legno a vista, è dotata di un confortevole letto matrimoniale, di cucina, tavolo da pranzo, tv, bagno con grande doccia, terrazzo solarium di grandi dimensioni dotato di sdraio e tavolo con sedie.

Biografia – Edmondo Dobrzansky

Nasce da una famiglia il cui ramo paterno è russo-polacco, quello materno, greco e triestino-spagnolo. Durante gli anni ’20 è a Lugano dove frequenta le scuole; nei primi anni ’30 è nella Svizzera tedesca: a Diessenhofen e Stein am Rhein apprende la fotografia nello studio del padre. Dal 1936 al 1942 frequenta l’Accademia di Brera a Milano, allievo di Aldo Carpi, con i compagni Bruno Cassinari, Vittorio Magnani, Ennio Morlotti; durante questo periodo alterna la sua residenza fra Milano e Trieste. Segue, dal 1942 al 1950, la permanenza decisiva a Zurigo, dove è impegnato quale illustratore per il Volksrecht; vi incontra Varlin e Ernst Scheidegger che nelle Carte autobiografiche (1996) per l’artista racconta gli anni difficili di resistenza culturale a Zurigo. Dal 1950 è nel Ticino: dapprima a Bellinzona, poi a Bissone e alla filanda di Cassarate, infine a Gentilino. 

Fra le prime mostre si segnalano quelle presentate da Virgilio Gilardoni (Locarno, Casa del Negromante, 1958, e Bellinzona, Sala patriziale, 1959); nel 1966 al Kunstmuseum di Winterthur condivide una personale con lo scultore Otto Müller; nel 1968 espone alla galleria del Milione a Milano – presentato da Mario De Micheli – e al Salone Farnese in Pilotta a Parma, sotto la guida critica di Piero Del Giudice – autore di Europa wo das Licht (1988) e curatore di importanti sue recenti mostre individuali. Oltre a un nucleo di opere (dipinti e disegni), il Museo Villa dei Cedri di Bellinzona conserva documenti e carte d’archivio dell’artista.

L’intricata ascendenza biografica fornisce alcune spiegazioni sulla complessità dell’opera dipinta di Dobrzanski; cresciuta nel segno della diversità del contesto culturale, per cui il pittore combina l’argomento espressionista al linguaggio informale. La sua immagine d’impianto sironiano, più che dal naturalismo informale di Morlotti è interessata dall’intensità delle figure di Varlin. Dobrzanski è pittore della condizione umana, spesso tradotta nella sua marginalità difficile: il cieco, il clown, la prostituta, la pazza e la negra abitano la sua immagine forte e scabra. Sul finire degli anni ’60, l’artista sposta la materia della sua pittura dal corpo dalle grandi figure terrose e dal paesaggio atlantico con rovine alla pittura della macchina: Veicolo lunare, Blindo, Laser sono dipinti che traducono con inquietudine polemica l’oscura forma del presagio legato alla conquista dello spazio. Come Friedrich Dürrenmatt anche Dobrzanski nel quadro I fisici si interroga sulla funzione del pensiero scientifico, minacciata dal cattivo uso delle scoperte. Argomenti come Praga e il Vietnam, figure come Nelson Mandela e Martin Luther King offrono lo spunto per alcune fra le sue più intense pagine, nere in tensione drammatica, mai d’illustrazione politica. Alle numerose opere su carta, l’artista alterna grandi tele di spessore materico: Notiziario europeo, 1977, ma soprattutto The day after (elaborato sull’arco di dieci anni, 1977–1986) sono figurazioni simboliche disseminate di reperti della corruzione di fine secolo.

Opere: Bellinzona, Museo Villa dei Cedri; Lugano: Museo cantonale d’arte, Museo civico di belle arti; Mendrisio, Museo d’arte; Winterthur, Kunstmuseum.